Claudio Sadler
Trentino di nascita e milanese di adozione, di lui dicono “un grande cuoco con senso della concretezza e dell’armonia”.
Chef nel suo “Ristorante Sadler”, 1 Stella Michelin e nell’Osteria moderna “Chic’n and quick” sui Navigli a Milano.
Presidente dell’associazione “Le Soste” con più di 90 chef associati che mira alla valorizzazione della cucina italiana, gli è stata conferita l’onoreficienza dell’Ambrogino d’Oro dal comune di Milano.
La filosofia culinaria di Claudio Sadler è contraddistinta da un delicato equilibrio tra fedeltà alle tradizioni della cucina regionale italiana e reinterpretazioni illuminate dalla sensibilità artistica dello chef.
Le sue origini italiane divise tra Mantova, il Trentino con nascita in Lombardia per diventare poi milanese doc , un crogiolo di contaminazioni, che forse, si rispecchia nei suoi menù? Nella prefazione al suo “I miei nuovi menù” lei accenna a quando osservava le mani di sua madre e di sua zia nel fare i tortelli e quando osservava ciò che avveniva nel ristorante di suo zio Leonardo. Quanto tutto ciò l’ha resa Italiano e chef cioè comprensivo di caratteristiche regionali marcate in un unicum che è l’italianità?
In realtà, alla scuola alberghiera e anche negli hotel e ristoranti dove avevo lavorato all’inizio della mia gavetta, mi avevano insegnato le basi della cucina classica, di origine francese . A llora la cucina Italiana non esisteva , c’era la cucina regionale e casalinga, quella della mamma e delle nonne. Nel tempo poi ho viaggiato molto e per 5 anni ho avuto un ristorante anche in Giappone, e un giorno mi ricordo feci un piatto che scimmiottava la cucina molecolare, di moda al tempo . U n cliente che mangi ò quel piatto mi disse : << in questo piatto non ho riconosciuto il sapore e il calore della cucina Italiana >> , e da allora decisi che avrei fatto sempre di più mia la cucina Italiana anche quella povera che faceva mia mamma : d e i tortelli mantovani , dei rag ù alla bolognese , delle lasagne e via di seguito … ma spaziando in tutto il territorio nazionale, amo la cucina regionale italiana e il mio compito è quello di perpetuare la tradizione migliorandone le caratteristiche, applicando tecniche e regole che la rendano più attuale e leggera, moderna e Italiana.
Dalle sue parole ed interviste, lei assomiglia più ad un maestro di bottega rinascimentale con la sua scuola o ad un direttore d’orchestra che raccoglie i solisti, è così la sua cucina? In fondo lei parte da uno schizzo del piatto, dove i colori devono mescolarsi e accordarsi, esattamente come un crescendo in musica, dai toni più sottili e leggeri a quelli più gravi .I suoi menù rispecchiano un pò questo?
Tendenzialmente ogni piatto ha la possibilità di diventare un classico, e ogni piatto viene studiato e programmato, disegnato con i colori che sono importanti per la cromia finale del piatto. I colori invitano a gustare i cibi e nel contempo, il rispetto delle cotture mantiene vivo il gusto attivando la percezione dei sapori al nostro palato e olfatto. Quindi armonia di sensazioni.
Lei indica 7 regole di base del suo essere chef :come possiamo sintetizzarle?in facilità, benessere, equilibrio, leggerezza, crescendo, tradizione contaminazione, creatività, modernità e…?
Infatti, la difficoltà dell’arte culinaria è mettere insieme tutte queste sensazioni, considerando il fatto che un piatto ha una vita molto effimera, pochi minuti prima che scompaia per sempre e quindi deve lasciare il ricordo, anzi piu ricordi ai nostri sensi. Diverso è nelle altre arti come la musica che si può riprodurre per sempre e la pittura che è perenne.
Esiste nel suo percorso un prima e un dopo Marchesi?Sembra però che al di là delle influenze(nouvelle cuisine, cucina molecolare ) e dei cambiamenti (internazionalizzazione, influenze esotiche )lei sia sempre alla ricerca dell’equilibrio tra il suo Ying e il suo Yang, forse perchè è un Gemelli?A parte l’astrologia, lei si autodefinisce uno chef di pensiero e d’impresa non solo di cucina , ancora una volta la ricerca di una sintesi?
Io faccio il cuoco, in primis, amo cucinare, ma penso a quel che faccio, perch è per la cucina è un modo di vivere il mio lavoro e il mio tempo, per me stare in cucina è un piacere, un gesto che poi normalmente dedico ai miei ospiti per dar loro piacere. La realtà è anche fatta di business e quindi devo calarmi anche nel ruolo, mal riuscito di imprenditore.
La nascita di una ricetta è un lungo percorso, un giro d’Italia in gruppo con la volata finale del solista Sadler , quanto è importante la condivisione con la sua brigata, con i giovani ?
Un piatto vive una lunga o muore sul nascere, dipende da come viene proposto e alcuni piatti mi accompagnano da più di 30 anni, sono stati modificati e rielaborati, ripetuti dai miei allievi nei loro ristoranti ma anche da cuochi e dalle casalinghe che leggendo i miei libri li riproducono nelle loro cucine, questi sono piatti che diventano classici, cosa che io adoro. Comunque, per risponder alla domanda, io lavoro sempre in collaborazione con i miei cuochi nella preparazione di un nuovo menu, perch è devono sentire la passione e il trasporto per quel piatto per cucinarlo al meglio, per me è più importante il gusto della coreografia e questo è più difficile insegnarlo.
Da ultimo il tartufo, un prodotto serio, misterioso , con caratteristiche nascoste ed effluvi che sortiscono solo a certe condizioni, il calore ad esempio.Nei suoi nuovi menu ci sono 6 piatti che utilizzano il tartufo nero pregiato il Melanosporum .Dalla pizza del menù di Stuzzichini, ai ravioli d’anatra , dai più tradizionali tagliolini, nati per il tartufo del menù di San Martino, al cappone, al bollito e ai gnocchi.Sembra che il tartufo sia un ingrediente che la soddisfa, anche i prodotti a base di tartufo possono avere un” posto al sole” per lei?
Il tartufo nero pregiato è il mio preferito segue quello bianco e poi quello estivo quando maturo, io li utilizzo tutti.
Il tartufo è un punto di forza che esalta il gusto delle pietanze, un colonna portante, da cui non posso fare a meno per architettare i miei piatti.