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Andrea Alessandrelli

“Sono convinto che chiunque voglia lasciare un segno indelebile in questo mondo debba mangiare a colazione <<studio>>, a pranzo <<creatività>> e a cena <<innovazione>>”Andrea Alessandrelli, Chef e Restaurant Manager presso Filodivino wine Resort and Spa a San Marcello di Jesi, ci racconta la sua esperienza professionale, il suo percorso e i l’indissolubile legame con il territorio marchigiano.

Lei è stato premiato come il miglior giovane chef italiano nel 2019.Ci racconta la sua esperienza professionale e il suo percorso? L’esperienza fatta a Hell’s Kitchen, possiamo dire sia stata una tappa fondamentale nella sua carriera? Possiamo parlare quindi una prima di Hell’s e di un dopo Hell’s con Cracco? Che cosa è cambiato in lei con quella esperienza?

Grazie della domanda. A proposito della vittoria al concorso miglior giovane chef italiano promosso da IN CIBUM nel 2019, mi torna alla memoria un simpatico aneddoto. Per paura di perdere il treno di ritorno da Salerno me ne sono andato prima delle premiazioni, a metà strada ricevo una telefonata dai giudici che mi intimavano di correre sul podio poiché avevo vinto il primo premio. Ciliegina sulla torta, durante l’esecuzione del piatto ci fu un black out nella mia postazione e mi sono ritrovato ad improvvisare una ricetta cruda, senza l’utilizzo dei fornelli. Per quanto riguarda il mio percorso professionale, mi sento di dire che sono cresciuto cucinando per problemi familiari; durante il mio percorso di studi alberghiero i professori riponevano pochissima fiducia in me perché non comprendevano il mio estro creativo. Finiti gli studi ho iniziato a lavorare ad Ancona e la stessa capo cuoca, con 40 anni di esperienza non vedeva talento in me, ma grazie alla passione e alla determinazione che da sempre sono i miei punti forza sono riuscito a diventare il suo braccio destro. Dopo 4 anni Maria Assunta se ne va in pensione ed io decido di prendere il ruolo di chef a 22 anni avviando un bistrot per conto di un’altra persona. Da qui inizia il capitolo di Hell’s Kitchen, che sì è stato fondamentale per la mia crescita professionale: il maestro Carlo Cracco è stato il primo a riconoscere fin da subito la mia dote. Nel momento in cui stavo mettendo in dubbio il mio mestiere, Cracco è stato duro e severo spronandomi ad entrare nell’Alta Ristorazione. Gli sarò sempre molto grato per i mille consigli utili che mi ha dato. Dopo Hell’s Kitchen è iniziato il viaggio nelle più grandi cucine europee che ha portato il mio stile in cucina a raffinarsi sempre più.

Lei è dorico, profondamente legato al suo territorio marchigiano, oggi executive chef con la grande responsabilità della cucina del resort Filo di vino di San Marcello. Quanto è importante il territorio marchigiano nella sua cucina?

Sì, è il terzo anno da Chef e Restaurant Manager presso Filodivino wine Resort and Spa a San Marcello di Jesi (AN). Fin dal primo momento ho voluto valorizzare il territorio marchigiano acquistando solo prodotti locali da piccole aziende agricole, a favore di un’economia circolare basata su una cultura biologica. Con il fine di non sfruttare la terra, nei nostri menu non sono presenti i nomi degli ingredienti specifici ma solo indicazioni generali per offrire al cliente la miglior qualità del prodotto nel rispetto della stagionalità.

I suoi amici e colleghi la chiamano “chef Andree ” alla francese. La Francia è o è stata un punto di riferimento per lei? Lei ha avuto esperienze forti all’ estero al Dorchester di Londra e al Geranuim di Copenaghen, ed anche in Italia presso lo stellato Don Alfonso, come riesce a combinare la sua esperienza locale con questa formazione globale ed internazionale? Forse come ha già detto in una sua intervista perchè “vivo di studio, creatività e innovazione?”

Il soprannome Andreè è stato battezzato da Carlo Cracco e non risente dell’influenza francese. Non ho mai lavorato in Francia ma amo la loro cultura culinaria. L’esperienza che mi è rimasta più impressa è stata quella a fianco dello chef patron Gianfranco Vissani ed il suo executive chef Mori Shinichi poiché il genio italiano e la tecnica giapponese creavano un connubio senza rivali. A Londra, Copenaghen ed in Costiera Amalfitana le mie esperienze sono state brevi ma sono riuscito a catturare modi di lavorare completamente diversi tra loro, ognuno con l’obiettivo della grande eccellenza culinaria.
La combinazione dell’esperienza locale con la formazione globale ed internazionale si traduce in tecnica e gusto nel mio modo di cucinare. Sono convinto che chiunque voglia lasciare un segno indelebile in questo mondo debba mangiare a colazione “studio”, a pranzo “creatività” e a cena “innovazione”: non si finisce mai di imparare e sono sempre alla ricerca di persone che stimolino il mio essere artista.

Ci parli dei suoi maestri marchigiani, i due stellati Uliassi e Cedroni. Come l’hanno influenzata? Cosa le hanno trasmesso?

Innanzi tutto ci tengo a dire che siamo molto fortunati ad avere nelle Marche due Maestri internazionali che fanno conoscere la nostra cultura culinaria. A tal proposito ho due piccoli aneddoti: Moreno Cedroni al primo incontro mi “bacchettò” sinceramente del brutto vizio del fumo di sigarette poiché avrebbe rovinato il mio palato, ma purtroppo per il momento sono solo riuscito a passare all’elettronica. Il consiglio di Uliassi invece, è stato fondamentale: gli chiesi se valesse la pena spendere molto denaro per una scuola di alta cucina e lui mi rispose di investirli gli stessi soldi nel girare il mondo per vari ristoranti. Non smetterò mai di ringraziarlo!

La sostenibilità, il no waste sono argomenti che accomunano la T&C alla sua cultura culinaria. La T&C ha promosso con alcune scuole alberghiere Italiane, una sfida ai ragazzi, cioè di creare ricette a km zero e con l’utilizzo degli scarti o delle rimanenza della cucina, rivisitandoli e nobilitandoli con i prodotti al tartufo di T&C. Lei stesso è molto impegnato su questo campo, ci racconta il suo pensiero in merito?

Sin dall’inizio del mio percorso professionale sono stato sensibile al problema dello spreco alimentare globale ed ho cercato di imparare più tecniche possibili di conservazione degli alimenti. È quasi impossibile, in una cucina che si rispetti, non far avanzare nulla ma possiamo trovare il modo di diminuire drasticamente lo spreco. Come? Creando menu con meno possibilità di scelta da parte del cliente; acquistando lo stretto necessario al fabbisogno del ristorante; essere consapevoli delle rimanenze e delle scadenze cercando di dare loro nuova vita. Dal momento che le materie prime hanno un costo, meno sprechiamo, più aumenta il guadagno aziendale. Al mio arrivo a Filodivino il costo delle materie prime era il 43% del fatturato annuo, ad oggi è diminuito al 18% grazie agli accorgimenti di cui sopra, nonostante la qualità aumentata del menu, rispetto a prima del mio arrivo.
Inoltre per sensibilizzare gli ospiti, nel 2021 ho ideato un movimento chiamato “l’arte di non sprecare”: consiste nel dipingere un quadro utilizzando i piccoli avanzi di salse alimentari rimaste inutilizzate. Portandosi a casa il dipinto, i commensali diverranno consumatori responsabili, attraverso un messaggio di salvaguardia dell’ambiente, il rispetto del ritmo delle stagioni e una politica no waste e del riutilizzo sono alla base della mia filosofia creativa.

Lei ha affermato che la cucina è un’armonia, il tartufo è un frutto misterioso della nostra terra marchigiana rende armonica una ricetta? Come? Nel suo account Instagram ha riportato la foto del Tuber magnatun, il tartufo bianco di Acqualagna. Ha mai sperimentato prodotti in purezza a base di tartufo? Le piacerebbe provarlo? Forse per il suo piatto le due terrine di pollo con fiori fritti e tartufo che ha realizzato allo stellato di Copenaghen. Siamo riusciti ad incuriosirla?

Il tartufo, tubero misterioso della Terra, dal gusto sorprendentemente deciso e raffinato. Il modo migliore per valorizzarlo è cercare di renderlo sempre co-protagonista del sapore finale della ricetta, ad esempio il mio modo preferito di gustarlo è sopra ad un uovo al tegamino. A Filodivino propongo una variazione della ricetta classica dell’uovo all’occhio di bue ingannando gli occhi, utilizzando una spuma di pecorino, un tuorlo d’uovo marinato nello zucchero a velo e del tartufo fresco. Non sono un grande appassionato di semi lavorati in generale ma sono sempre aperto ad assaporare nuovi prodotti.

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