Matteo Berti
Intervista a Matteo Berti Direttore didattico di ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana.
Punto di riferimento per docenti e allievi, ci racconta la cucina in 3 parole: rispetto, cultura e curiosità.
Leggendo un pò la sua biografia risulta sempre presente la sua volontà di approfondire, studiare, migliorarsi, fare esperienze. La sua vita professionale è una neverending storia di apprendimento . Dalla provincia in cui è nato fino alle navi da crociera, attraverso stage lavorativi importanti e quindi impegnativi all’estero, fino a far parte della brigata dello stellato Alajmo e l’approdo finale ad una scuola così importante e impegnativa come ALMA. L’insegnamento è continuo apprendimento? Quanto sono stati importanti per lei i suoi maestri ?
Devo dire che la differenza tra un professionista ed un amatore è proprio nella continua ricerca e studio anche delle persone con cui confrontarsi e crescere.Oggi si è un pò perso il contatto personale , visivo tutto è digital… Quando io mi sono formato, era necessario viaggiare, muoversi alla ricerca di esperienze, ma soprattutto di maestri da cui imparare, dai quali farsi conoscere, presso i quali farsi presentare . La materia prima più importante per crescere è proprio la persona.Ogni giorno posso conoscere qualcuno di nuovo da cui apprendere e con cui confrontarmi, il confronto, anche dialettico, accresce la cultura e la conoscenza . E’ l’ esperienza concreta , tangibile, personale vissuta che lascia cultura nelle persone. Come andare nel campo a cercare il tartufo con il cavatore , questa è un’attività che conta , molto visiva, tattile , fisica concreta per capire e conoscere il mondo del tartufo. Occorre andare in giro a cercarsi i maestri , e la scuola ha questo compito, portare davanti agli allievi l’ esempio e l’insegnamento dei maestri. Io ancora oggi ho un rapporto continuo con uno dei miei maestri Alajmo che insieme a Marchesi ha certamente contribuito alla mia crescita e alle mie conoscenze. La mia ambizione personale è cercare l’incontro con maestri , il mondo digitale è fondamentale per il continuo aggiornamento a livello globale ma , parlarsi, guardarsi negli occhi e confrontarsi questo è cultura.
Spesso lei parla di concretezza, studio, rispetto, cultura e curiosità sono parole impegnative, nulla a che vedere con lo show che oggi spesso accompagna gli star chef. Da quali aspetti si ritiene più attratto tra questi?
E’ naturale che chi ,tra i miei colleghi, fa televisione sia mediatico, quindi si fermi un pò più in superficie. Apprezzo moltissimo che questi stessi colleghi divulghino la cultura del cibo nello show televisivo quotidiano , cosa che nei decenni precedenti non avveniva. Cracco , forse uno degli chef più mediatici, è una persona profonda e colta, da sempre impegnato nella ricerca e nell’ approfondimento dei temi culturali professionali legati al food.
In una precedente intervista lei ha citato Garibaldi come eroe perchè intelligente e caparbio. Lei stesso ha viaggiato molto e conquistato esperienza e competenza con grinta e determinazione è quindi un pò garibaldino?
E ’ una battuta che poi cerco di far diventare verità Diciamo che come lui ha unito l’Italia da Sud a Nord, non senza difficoltà , io mi sento un pò garibaldino , cercando di unire, gestire la brigata, il corso, gli allievi . Purtroppo è impossibile unire l’ Italia, ma è altrettanto stupenda nel scoprire le sue diversità agroalimentari, microclimi, tradizioni diverse ci limitano nella divulgazione corretta del nostro sapere e della nostra cucina all’ estero, ed è proprio per questo motivo che va vissuta studiata e assaggiata .La cucina italiana allo stesso tempo è probabilmente la più ricca, articolata nella sua diversità , una diversità che diventa forza, bellezza, caratteristiche che la rendono unica al mondo.
Si dice che la pandemia ci abbia cambiato, che è necessaria una nuova “intelligenza nella ristorazione” oggetto di una intelligente conversazione tra lei ed alcuni colleghi di qualche tempo fa. Cosa significa? Come pensa, se cambieranno ed in cosa l’utilizzo in cucina delle materie prime e degli ingredienti nel futuro decennio?
Si credo profondamente in una nuova intelligenza nella ristorazione , che significa profondità, non spreco, ma rispetto delle materie prime , dei territori in cui i prodotti nascono, vengono coltivati , allevati, e lavorati .Il ristoratore è la persona che sa far stare a proprio agio le persone , è una persona che sa raccontare quello che c’è dietro ad un piatto , senza esagerare nei tecnicismi, trasferendo il contenuto in modo semplice, vero e condivisibile . Io nasco in una situazione famigliare in cui i miei genitori avevano una trattoria.Si mangiava bene certo, ma l’obiettivo era sfamare i clienti .Oggi nessuno va al ristorante per mangiare, il cliente vuole essere stupito , vuole vivere un’esperienza, conoscere percorsi, persone, luoghi, territori .I giovani spesso non conoscono il territorio . Credo che ancora per i prossimi anni ci sarà la ricerca del buono, dell’etico, del bio, del salutistico nel senso dello star bene, della stagionalità, del prodotto vero.
Lei ha detto che l’ingrediente del futuro del cioccolato, ma non solo, sarà la sostenibilità, è una sua esigenza, un desiderio o un obiettivo? Del tartufo come materia prima cosa pensa?
Si riguardo al cioccolato ho affermato questo perchè, qualche tempo, fa sono andato in Ecuador, assieme al mio staff di pasticceria Nessuno di noi aveva mai visto una pianta di cacao. Abbiamo incontrato diverse persone , i campesinos che ci hanno raccontato tutto sul prodotto che coltivano , cioè le fave di cacao , e noi abbiamo raccontato loro del cioccolato che i campesinos non conoscevano e non avevano mai mangiato. La sostenibilità significa anche che queste persone sono pagate poco per il lavoro che fanno. Ci sono paesi nel mondo in cui la parola sostenibilità è sconosciuta ancora oggi. Un cuoco deve pensarci oggi più di ieri, deve riflettere se vale la pena di ricorrere a trasporti costosi e lunghi per raggiungere le tavole dall’altra parte del mondo con certi prodotti . E’ un discorso molto complicato in pratica ma la consapevolezza di questo obiettivo deve essere presente in tutti noi. Sul tartufo concordo con il mio maestro Gualtiero Marchesi che nelle sue “regole” diceva che il tartufo(come il caviale) può essere usato durante tutto il pasto, come, quando e dove lo si desidera. Ovviamente non solo fresco, esistono ricette dove il tartufo può essere vincente anche in salamoia per esempio nella sua ricetta dell’agnello in farcia. Purtroppo può accadere di trovare in commercio prodotti a base di aroma di bassa qualità contribuendo alla cattiva informazione che dà ai prodotti a base di tartufo. Questi possono essere realizzati con capacità e di livello qualitativo alto. I professionisti divulgano qualcosa di buono relativo al cibo, i non professionisti divulgano altro . Il primo intento di Alma come scuola di cucina internazionale è divulgare il vero cibo italiano e la cultura del cibo e del territorio italiano.
Ad un maestro non si può che chiedere un consiglio per il futuro dei giovani, cosa possiamo dire ai giovani?
Prima di tutto i giovani devono mangiare , deliziare il palato , allenare il proprio palato cercando la verità, e la qualità. E’ necessario frequentare i ristoranti blasonati , sicuramente l’importante è uscire fuori e cercare la qualità delle materie prime anche in una semplice trattoria .dove la signora fa la pasta fatta a mano. Poi occorre studiare, legare lo studio alla passione, a seguire si può diventare un tecnico e /o iniziare la carriera da chef. Solo alcuni diventano leader unendo la passione della ricerca all’umiltà ,all’ ambizione e alla profondità della competenza.