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Daniele Reponi

Un po’ salumiere, un po’ oste. Ma soprattutto non è uno chef.
Un “cucinastorie”, racconta cosa c’è dietro ad un prodotto, ad un territorio, riuscendo a narrare “favole gastronomiche”

Daniele tu ti presenti sempre come Oste, distinguendo molto bene questo ruolo da quello di “chef”. Puoi spiegarci come mai? Oste è una parola “antica “, popolare, semplice, cosa ti piace e cosa c’è dietro questo concetto di OSTE?

La parola chef identifica un ruolo ben preciso all’interno di una cucina. È in effetti colui che dirige una brigata di cucina. Considerando che io lavoro spesso da solo già basterebbe questo a spiegare il perché io non mi fregi del ruolo di chef. Ma vado anche oltre: dirigendo una brigata di cucina lo chef deve avere grande conoscenza delle tecniche di cucina. Io per storia professionale, ma anche personale conosco tecniche molto più basiche e volendo molto più legate alla tradizione. L’oste e l’osteria sono una dimensione che mi si addice molto di più. C’è infine una ragione etimologica: la parola oste deriva dal latino hospes che significa ospite, convitato e quindi richiama quei concetti di ospitalità e di cura dell’ospite che mi piace siano una parte importante del mio lavoro.

Forse questa passione per il panino, un prodotto semplice, facile, leggibile che ti ha portato fino ad essere membro dell’Accademia Italiana del Panino, nasce da come sei tu?

Si è probabile. Credo di aver sempre mantenuto un profilo “basso”. È una dimensione che mi appartiene e mi permette di curare meno tutti gli aspetti “sovrastrutturali” che ormai fanno parte del ruolo di cuoco. Intendo aspetti legati alla presenza sui social e alla cura dell’immagine che oggi ha un ruolo molto importante. Sono terrorizzato dall’idea di apparire ciò che non sono, di gonfiare le mie capacità e i miei risultati professionali, cosa che purtroppo ho avuto modo di verificare in alcuni colleghi che ho incontrato per strada. Preferisco approfondire temi come la ricerca, la sperimentazione attraverso il lavoro e ho la presunzione che ,con la conoscenza diretta, siano poi le persone a trarre dei giudizi su chi sono.

Sei un vero e proprio narratore di storie in cucina forse un cucinastorie, ti piace raccontare cosa c’è dietro ad un prodotto, ad un territorio, riesci a raccontare “favole gastronomiche” in televisione, negli show e in radio mentre prepari l’ennesimo panino gourmet. Da dove nasce questa tua passione del racconto?

Credo che nasca dalla passione per il romanzo. Ed è una passione che mi accompagna fin da quando ero piccolo. In particolare diversi anni fa c’era un programma su Raitre condotto da Alessandro Baricco in cui lui raccontava dei libri. Rimasi molto colpito dal fatto che ascoltando il racconto de “il vecchio e il mare” colsi delle sfumature che invece attraverso la mia lettura non avevo colto. Il concetto che cerco di applicare al racconto del panino è un po’ simile: il racconto prepara all’assaggio, perché l’assaggio si fa con il palato ma anche con il cervello. Oltre al fatto che la parte di racconto rende giustizia anche al lavoro dei produttori che cerco di coinvolgere e che sono veri artisti e meritano di essere raccontati.

Sei un divulgatore nato, riesci a spiegare in modo molto facile gli ingredienti che scegli dal territorio e gli abbinamenti innovativi che crei. Ciò denota una profonda e colta attività di ricerca a monte, di produttori, artigianali o industriali che siano, di sapori e di mescolanze, di tradizioni, di mani e di facce, di passioni e di continua sperimentazione. Cosa c’è dietro questa sete di divulgazione?

Questa risposta è molto facile: c’è la passione. La passione è fatta di curiosità ed empatia. La curiosità è necessaria per cercare, scovare, veramente come in una ipotetica caccia al tesoro perché in effetti quando parliamo di certi prodotti dobbiamo realmente parlare di tesori. L’empatia invece è necessaria per stimolare lo spirito di condivisione che io trovo connaturato al modo di consumare il cibo tipico dell’essere umano. Insomma se io assaggio un prodotto che mi appaga e mi riempie di piacere mi viene subito voglia di trasmettere agli altri queste emozioni. L’empatia mi consente anche di entrare in connessione con i produttori perché riesco a comprendere la fatica e la cura che ci vogliono per ottenere grandi risultati e anche questo messaggio dà forza al mio “racconto”.

Il web, i social come ti aiutano a trasmettere i tuoi messaggi? Oggi la rete è un grande network di confronti, accrescimenti, critiche e scambi che, se usato in modo corretto, può divulgare molto velocemente idee, progetti. Cosa ne pensi? Quanto aiuta? Qual è la differenza tra web e televisione per te?

I social e in generale i mezzi di comunicazione sono per me un mezzo, un amplificatore. E quindi come tali li considero. Inutile negarne l’importanza e le potenzialità. Il web poi è anche uno strumento di ricerca molto importante e che ho imparato a sfruttare. Nei confronti dei social, un po’ per le ragioni che dicevo precedentemente, ho ancora una certa diffidenza. È molto facile crearsi una immagine di facciata. In realtà credo ci sia anche una componente generazionale: non dimentichiamo che io appartengo al secolo scorso e quindi subisco ancora il fascino dei vecchi media come radio e tv. Infine devo confessare che a fare radio e tv mi sono sempre divertito tanto, tenendo presente che ho sempre lavorato “in diretta” quindi una dimensione che in qualche modo riprende il modo mio di lavorare “espresso” con i panini. Sui social invece anche guardando alcuni video, non tutti, anche delle mie ricette a volte mi annoio. È una dimensione ricostruita che secondo me poco si addice al messaggio che mi piace trasmettere

Parlaci dei tuoi maestri e donaci qualche pillola che hai assorbito dalle frequentazioni che hai avuto con chef sapienti e colti e con persone da cui hai imparato il mestiere, mescolando ancora una volta l’alto con il basso, la cultura più alta della cucina stellata e quella più quotidiana e semplice che esiste dietro ad un panino. Il cibo in Italia è fatto forse sempre di tradizione contadina su cui si sono innestate nel tempo influenze più alte, non è così?

La cucina italiana, più di altre secondo me, affonda le sue radici nel mondo contadino. Sono radici ben salde che nascono dalle intuizioni di agricoltori, norcini, esperti macellai, allevatori ecc. I cuochi hanno avuto un ruolo di codifica di queste tradizioni e con l’affinarsi della professione hanno apportato miglioramenti importanti sul piano delle tecniche di cucina. Io ho avuto la fortuna di lavorare per un oste dell’appennino modenese, che, quando ancora mi muovevo in totale inconsapevolezza, mi ha trasmesso l’importanza della scelta e della conoscenza delle materie prime. Anche quando più tardi ho avuto modo di conoscere lo chef stellato Massimo Bottura, ho ritrovato in lui una passione straordinaria per i formaggi, per i salumi, per una semplice “giardiniera” ben fatta. Una passione autentica e coinvolgente che credo abbia contribuito a renderlo una fra i migliori al mondo e direi renderlo unico. Queste caratteristiche ho cercato di farle mie perché le ho sempre sentite nelle mie corde.

Veniamo al tartufo ed all’azienda T&C che conosci molto bene e di cui sei stato ambassador alla fiera del tartufo di Acqualagna durante un cooking show. Cosa pensi dei suoi prodotti, fatti e basati sulla qualità e sulla passione del “buono e ben fatto” e soprattutto alla portata di tutti quindi davvero democratici?

Il lavoro di T&C rientra a pieno diritto nella categoria degli artigiani del cibo che descrivevo prima. Quando ci siamo conosciuti e ho avuto il piacere di conoscere la famiglia che conduce l’azienda ho trovato un amore e una conoscenza per il mondo dei tartufi veramente meraviglioso. Tutta questa cura poi la si ritrova nei loro prodotti : oltre all’utilizzo di tartufi di altissima qualità mi piace l’equilibrio e l’armonia che troviamo nelle salse ricettate. Questo indica ancora una volta il rispetto che T&C ha per il tartufo e mi piace che mettano a disposizione questa sensibilità e la loro grande conoscenza in prodotti che sono veramente a portata di tutti.

Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri? I Viaggi del Gusto, le collaborazioni con aziende importanti, la televisione, la radio, Istituto Salumi Italiani Tutelati, e altro? Quali sono stati i progetti che più ti hanno soddisfatto e ti hanno fatto crescere?

Devo dire che la mia crescita professionale è fortunatamente sempre in moto. Più conosco colleghi, produttori, ecc. e più assorbo nozioni, cultura, ecc. Quindi devo dire che ogni componente lavorativa, sia passata che spero futura, è stata in qualche modo utile al mio lavoro: dalla grande fatica che ho fatto quando ho lavorato nei locali, al grande piacere di poter condividere le mia esperienze con milioni di persone grazie alla televisione. Ciò che mi sento di dire che vorrei per il mio futuro, come è stato per il passato, è di continuare a divertirmi. Io ho una fortuna pazzesca: lavoro e mi diverto. Questo è il mio progetto: continuare a divertirmi.

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